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Cultura
“Da Clay ad Alì, la metamorfosi”
su Sky Arte il film-documentario
di Adriano Cisternino
Muhammad Alì ha settantacinque anni. Anche se è morto il 3 giugno scorso, la sua eredità, il suo testamento spirituale restano patrimonio di un mondo che ha imparato a conoscerlo e ad amarlo, anche senza conoscere la boxe.

Alì avrebbe compiuto 75 anni martedì 17 gennaio e per il suo compleanno Sky Arte (canale 120) gli dedica un film-doc della durata di circa un'ora, in onda alle 21,15: “Da Clay ad Alì. La metamorfosi” è il titolo del lavoro prodotto da Sky con Repubblica e realizzato da Emanuela Audisio.

Non è un film sulle imprese sportive di “the greatest”, il più grande, ma è un'ampia riflessione sulla rivoluzione che uno dei più significativi personaggi del secolo scorso ha portato nella vita non solo degli americani, ma nelle abitudini, nella mentalità della gente, anticipando e sovvertendo concetti apparentemente radicati e insopprimibili.

La rivoluzione di Alì è spiegata nel lavoro della Audisio che prende subito le distanze da chi si aspetta una carrellata dei suoi trionfi sul ring.

“Non è una biografia, puntualizza l'autrice. Non a caso il titolo è: da Clay ad Alì. La metamorfosi, perché io cerco di spiegare come un ragazzo della provincia americana, madre cuoca e padre imbianchino, sia diventato un'icona del ventesimo secolo e lo sarà ancora per tre o quattro generazioni.
Il titolo sottolinea come il ragazzo Cassius Clay cresce e matura fino a diventare Muhammad Alì attraverso una metamorfosi che non riguarda solo il pugilato. Lui è uno che ha cambiato innanzitutto il modo di fare comunicazione, è stato la prima icona mondiale dello sport.
LeBron James, gigante del basket americano, ammette che senza Alì lui non avrebbe guadagnato tanto e non sarebbe diventato quello che è. Le foto di Alì in bianco e nero valevano un tweet di oggi e lui lo aveva capito anticipando i tempi quando i social ancora non esistevano: apriva le porte dei suoi allenamenti e si faceva fotografare in piscina sott'acqua perchè sapeva che quella foto avrebbe fatto il giro del mondo. Ma lui non sapeva neppure nuotare.
Quando dice che Liston è un orso, lui entra nell'immaginario della gente. E la gente è con lui, lo sostiene, specialmente quando rifiuta di andare in Vietnam dove l'Esercito americano probabilmente non lo avrebbe neppure impiegato in prima linea, magari gli avrebbe dato un incarico particolare, come accadeva ai grandi musicisti che nella seconda guerra mondiale andavano al fronte solo per tirare su il morale della truppa.
Ma lui si rifiuta di partire e viene bollato come traditore. Per quel rifiuto paga un prezzo altissimo, ma poi ha avuto ragione lui perché sappiamo com'è andata a finire quella guerra”.


E poi la conversione all'islamismo, la difesa dei neri. “Quando dice: io sono il più bello, lui ribalta anche l'estetica. Lonnie, la sua terza moglie, sostiene che lui era fisicamente perfetto”.

Nino Benvenuti, Gianni Minà, Oliviero Toscani, Franco Nero ed altri personaggi dello sport e della cultura spiegano perchè Alì ha cambiato il mondo, ha cambiato il modo di proporsi e i campioni di oggi gli devono tanto.

Col tempo è cambiato anche il suo modo di fare pugilato, non più il pugile che “svolazza come una farfalla e punge come un'ape”.

Anche questo fa parte della metamorfosi di cui parla la Audisio: “Parlano le cifre - spiega - nel match contro Cleveland Williams, del '66, lui mette a segno cento colpi e ne prende solo tre, contro Holmes, nell'80, prende 125 colpi in una sola ripresa. Nel primo match contro Joe Frazier prende ben 440 colpi, e 482 contro Leon Spinks”.
Significativa anche l'immagine di Alì tremante mentre accende il fuoco olimpico alle olimpiadi di Atlanta '96: si mostra com'è, non cerca la pietà della gente perchè lui è impietoso con se stesso.

Con le musiche di Renzo Anzovino e Roi Paci, il film non è semplicemente la storia di un pugile, è l'analisi attraverso immagini e testimonianze, di un fenomeno mediatico che ha attraversato la seconda metà del secolo scorso lasciando un'impronta indelebile.

Il “grande ribelle” è stato molto più di un semplice pugile, ha lasciato messaggi importanti a un'intera generazione ed anche a quelli che sono venuti dopo.
15/1/2017
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